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Pubblichiamo un articolo di Luca Maria Scarantino, dal titolo Gli undici erano decine. Note sul giuramento del 1931. Il lavoro mette in dubbio la credenza radicata secondo cui solo una dozzina di professori si fossero rifiutati di prestare giuramento al regime fascista nel 1931. Iltesto fornisce prove di come il numero sia in realtà superiore, benché indefinito, e che la narrazione dei dodici rifiuti fosse strumentale a un resoconto politico dell’evento, nonché basata su informazioni parziali fornite in fase iniziale dal regime. Si suggerisce, quindi, che gli effetti reali del giuramento nel sistema scolastico italiano siano stati celati da questa narrazione e si propone di considerarlo come esempio di un gruppo di leggi che hanno innescato un considerevole numero di dissensi, avendo un notevole impatto sulle scienze e sull’Accademia in Italia.

Pubblichiamo un articolo di Chiara Volpato, apparso nel 2000 nel Giornale Italiano di Psicologia, n. 4, pp.807-828, dal titolo “Un caso di rimozione scientifica: La psicologia razziale di Mario Canella”.

Il lavoro analizza la psicologia razziale di di Mario Canella, professore nelle Università di Bologna e Ferrara, che si occupò di psicologia delle razze e la propose quale oggetto di studio nei corsi di Biologia delle razze umane, istituiti dal regime fascista in concomitanza con le leggi razziali del 1938. L’opera testimonia il definitivo allontanamento della psicologia italiana dalle correnti più vive della psicologia internazionale del tempo. Nel corso degli anni Trenta, in ambito anglosassone, si stava infatti verificando l’abbandono della race psychology, sviluppatasi  nel primo ventennio del secolo, sostituita dallo sviluppo delle ricerche relative ad atteggiamenti,  pregiudizi, stereotipi. In Italia non vi è traccia di tale ripensamento; l’orizzonte teorico resta quello del “fardello dell’uomo bianco”.

La posizione canelliana fu condivisa da una parte rilevante degli ambienti accademici italiani, come indicato in altri lavori (si veda, sempre di Chiara Volpato: Italian race psychology during fascism, pubblicato in European Bulletin of Social Psychology, 12, 2, 2000, e Psicologia e razza. Il dibattito italiano nel periodo fascista, in Teorie & Modelli6, 2, 85-106, 2001). Tale condivisione ha contribuito alla rimozione dell’intera esperienza della psicologia razziale e alla sua cancellazione dalla memoria collettiva.

Chiara Volpato ha completato la sua ricognizione sulla psicologia razziale di Canella con un saggio, apparso nel 2014, dal titolo: Mario Canella e la psicologia razziale. Un caso di conformismo al potere universitario e pubblicato in un volume a cura di M. Ravenna e G. Brunelli, Il Giorno della Memoria all’Università di Ferrara. Iniziative realizzate dal 2002 al 2014 (pp. 59-73). Firenze: Giuntina. In tale saggio commenta uno scritto di Canella del 1946: Epurandi in veste di epuratori (Bologna, Coop. Tipografica Azzolini). In tale scritto Canella, nel frattempo divenuto socialista, per difendersi dall’accusa di essere stato razzista, mossagli dallo storico Giuseppe Saitta,  esibiva una serie di documenti di illustri scienziati che negano il suo razzismo. La cosa interessante è che tutto il discorso tratta dell’antisemitismo e nessun cenno viene invece fatto al pesante razzismo antiafricano che pervade tutta l’opera canelliana. 

Molte pubblicazioni trattano delle depredazioni di opere d’arte subite da famiglie ebree a seguito delle legislazioni anti-ebraiche adottate in Germania e in Italia. Ad esempio, particolarmente suggestivo è il volume di Melissa Müller e Monika Tatzkow, Lost Lives, Lost Art – Jewish Collectors, Nazi Art Theft, and the Quest for Justice, London, 2009. Si riporta qui un articolo pubblicato sulla rivista Il Diritto Ecclesiastico del 2019 che intende considerare alcune vicende che hanno in vario modo riguardato l’Italia, vale a dire quelle delle famiglie Kaumheimer, Loeser e Gentili di Giuseppe (ha una certa importanza aggiungere che la figlia di Julius Kaumheimer è stata rintracciata negli Stati Uniti ed è venuta qualche anno fa a Trento a recuperare, in una degna cerimonia, la collezione paterna, di cui nulla sapeva). Il problema è che manca ancora in Italia una normativa che consenta di porre rimedio a gravi ingiustizie compiute nel passato.